A che punto è la moda circolare nei modelli di business dei principali marchi mondiali? Appena agli inizi. Il quadro è deludente se non fosse per una manciata di brand che stanno facendo progressi notevoli o almeno promettenti.
L’esame è arrivato dal Circular Fashion Index 2022 (CFX ) della società di consulenza strategica Kearney che ha analizzato 150 marchi globali. Il voto medio generale è stato un 3 scarso su una scala da 1 a 10. Migliore, comunque, rispetto all’Indice del 2020 quando il punteggio era di appena 1,6.
Dopo questa amara constatazione, quali sono i brand che stanno facendo i maggiori sforzi per allungare il ciclo di vita dei loro capi di abbigliamento? Chi sta andando verso una moda circolare per abbassare l’impatto ambientale di una industria vorace di risorse naturali e la seconda più inquinante al mondo? In pratica, chi sta operando secondo le 3 “R” dell’economia circolare?
Il podio del Circular Fashion Index 2022 è uguale a quello di due anni fa. Infatti, rimane saldamente nelle mani di Patagonia, Levi’s e The North Face. Le novità però non mancano specie per i marchi italiani. Tra i primi dieci ci sono OVS e Gucci. Non solo, nella classifica del Paese di origine dei brand, l’Italia si piazza al secondo posto, dopo la Francia, insieme agli Stati Uniti.
Come è stata condotta l’indagine CFX 2022
Per l’edizione 2022, l’analisi è stata estesa a 150 marchi globali in rappresentanza di 20 paesi e sei categorie: sport e outdoor, intimo e lingerie, lusso, lusso premium/abbordabile, mass market e fast fashion.
La performance di circolarità di un’azienda è stata valutata in base a sette parametri che influiscono sulla longevità dei capi. Le analisi sono state condotte sul mercato primario (vendita di nuovi prodotti) e su quello secondario (vendita di abbigliamento usato, riuso, riciclo).
Le valutazioni hanno dato maggiori punteggi alle vendite di seconda mano, ai servizi di noleggio e riparazione, al riutilizzo dei vestiti restituiti come materia prima o destinati alle donazioni.
Purtroppo, dai risultati combinati, l’industria della moda ha ancora un punteggio complessivo mediocre. Il voto CFX medio di quest’anno per tutti i marchi di moda è di 2,97 su 10.
Solo il 7% utilizza materiali riciclati in misura credibile; il 54% utilizza materiali riciclati per alcuni articoli selezionati o alcune caratteristiche del prodotto, ma il 39% non utilizza alcun materiale riciclato. I marchi sono scarsi anche sul lato della comunicazione alla clientela sulla circolarità, tanto che il 40% si accontenta di fornire la quantità minima di istruzioni di cura richiesta dalla legge.
I risultati sono ancora peggiori per le azioni circolari che richiedono un impegno maggiore. Solo il 5% (per lo più marchi di lusso) offre servizi di riparazione estesi, il 5% le vendite di seconda mano e solo il 2% servizi di noleggio. L’8% dei marchi offre ampie possibilità di consegna in modo che i vestiti possano almeno essere utilizzati come materie prime o donati.
Cosa distingue Patagonia, Levi’s e The North Face dagli altri marchi considerati?
Come nella classifica del 2020, Patagonia, Levi’s e The North Face sono stati i migliori nel CFX 2022 con punteggi rispettivamente di 8,50, 8,20 e 8,05. “Leader indiscussi nel prolungare la longevità del loro abbigliamento, queste tre aziende vedono la circolarità come un imperativo strategico piuttosto che un sacrificio sull’altare del green marketing“, constata CFX.
Secondo l’analisi, Patagonia ha migliorato il suo punteggio grazie a due fattori: un servizio di noleggio delle attrezzature con la piattaforma Awayco e l’aumento di tessuti riciclati. Patagonia punta sulla durabilità dei suoi capi che il cliente può rivendere sulla piattaforma second-hand.
“L'acquisto dell'usato allunga la vita dei capi di circa due anni, il che riduce drasticamente sia la nostra dipendenza dalle risorse vergini sia la nostra generazione di rifiuti”, scrive il brand californiano.
Patagonia, infatti, offre ai propri clienti un servizio di ritiro dei capi usati e in cambio il cliente riceve un credito per l’acquisto di un capo nuovo o di seconda mano. Questo tipo di servizio è, comunque, disponibile solo negli Stati Uniti.
Punto di forza di Patagonia è anche il servizio di riparazione distribuito in vari Paesi, oltre che tutorial per chi vuole provvedere da sé.
Levi’s ha migliorato il suo punteggio lanciando una capsule collection di solo noleggio di denim riciclato realizzato con jeans vintage con il marchio Ganni.
Negli Stati Uniti, Levi’s promuove l’acquisto di capi usati con Levi’s second hand e offre servizi di riparazione in alcuni punti vendita e anche in Italia.
Inoltre, insieme a Rifò, azienda di moda 100% circolare di Prato, ha avviato un programma di recupero dei vecchi jeans, di qualsiasi marca, per ricavarne nuove creazioni.
The North Face, invece, è riuscita a migliorare leggermente la sua quota di tessuti riciclati. A differenza di Patagonia e Levi’s, The North Face non propone direttamente servizi di noleggio.
Ma The North Face, in un’ottica di ridurre gli sprechi e di prolungare il ciclo di vita dei suoi prodotti, ha ideato la linea di abbigliamento outdoor Renewed, rinnovata e rifatta. Il motto è “Spreca di meno. Esplora di più”.
Si tratta di indumenti del brand restituiti, danneggiati o difettosi che sono stati ispezionati, puliti e restaurati. C’è il “Rinnovato come nuovo”, dove le riparazioni non sono visibili, e il “Rinnovato ricondizionato”, in questo caso le riparazioni sono visibili e frutto della creatività dei designer di The North Face.
La collezione Renewed è disponibile solo negli Stati Uniti.
OVS e Gucci nei primi 10 della classifica Circular Fashion
OVS è balzata in quinta posizione (era alla 17 nel 2020). Ha aumentato ulteriormente la sua quota di tessuti riciclati e a basso impatto ambientale, arrivando a oltre il 65% e punta a raggiungere il 90% entro il 2025. Ha migliorato le istruzioni di cura dei capi per allungarne la vita e offre un servizio di sartoria e riparazione in 7 negozi.
Grazie alla raccolta di abiti usati presso i punti vendita, dal 2013 OVS ha evitato lo smaltimento in discarica di oltre 1.275.268 Kg di capi di abbigliamento, equivalenti a più di 6 milioni di t-shirt.
Gucci, invece, è al sesto posto (era al 15 nel 2020) e risulta il migliore tra i brand del lusso. Con Gucci Equilibrium ha incrementato la comunicazione sulla longevità e circolarità dei prodotti e investito in nuove iniziative.
Con il programma “Gucci-Up” dal 2018 dà valore agli scarti pre-consumo utilizzandoli per nuove creazioni. A questo si aggiungono programmi specifici di TAKE BACK e riutilizzo di materiali generati dal ciclo produttivo.
Un esempio sono gli scarti di ECONYL® che vengono recuperati dalla produzione di Gucci Off The Grid. Vengono quindi riciclati per creare nuovi materiali ECONYL® come parte del “GUCCI-ECONYL®.
Dall’analisi emerge che i marchi di lusso e premium hanno ricevuto i punteggi più alti grazie alle loro ampie istruzioni per la cura e ai servizi di riparazione.
Il fast fashion e l’intimo/lingerie, invece, sono in basso alla classifica, a causa di un modello di business ancora lineare. Un modello che entro il 2030 dovrà cambiare secondo Strategia dell’Unione europea per i prodotti tessili sostenibili e circolari. Da considerare, comunque, che l’intimo/lingerie è un segmento penalizzato dai servizi di noleggio e dal mercato di seconda mano.
Ad ogni modo, per concludere con una buona notizia, le aziende di moda italiane impegnate in un percorso circolare non mancano. Lo dimostra il Rapporto di Symbola ed Enel sull’economia circolare del 2021. Tra le 100 migliori realtà selezionate, 13 appartengono al settore del fashion.
Foto di Anna Tarazevich da Pexels