Articolo aggiornato il 22/3/2024
Hai mai pensato a quanta acqua si consuma per produrre vestiti? L’industria delle moda è una grande divoratrice di risorse naturali. Su tutte c’è proprio l’acqua e il suo sfruttamento è abnorme.
Secondo le stime, l’industria del tessile e abbigliamento (inclusa la coltivazione del cotone) consuma circa 93 miliardi di metri cubi di acqua all’anno. Significa il 4% dell’acqua dolce globale. L’abbigliamento, da solo, consuma 62 miliardi di metri cubi di acqua all’anno. In pratica, i due terzi dell’intero settore. Questi dati sono citati nel report A new textiles economy: Redesigning fashion’s future di Ellen MacArthur Foundation.
Considera pure che solo il 3% delle acque del nostro pianeta è dolce. Parliamo, quindi, di una risorsa estremamente preziosa, soprattutto a fronte della crisi climatica.
Ad ogni modo, un dato certo su quanta acqua consuma l’industria del tessile e abbigliamento non c’è. In particolare, l’industria della moda ha una filiera molto lunga e opaca che va dalla materia prima al prodotto finito.
Senza contare che, prima di arrivare nel tuo armadio, un capo di abbigliamento può aver viaggiato migliaia di chilometri da una fabbrica all’altra del mondo per assemblare i vari componenti. In più, i marchi di moda sono ancora molto poco trasparenti sulla loro filiera di produzione.
Anche l’utilizzo degli indumenti richiede consumi elevati di acqua. Si stima che a livello globale le lavatrici richiedano ulteriori 20 miliardi di metri cubi di acqua all’anno.
Per quanto riguarda il consumo e la salvaguardia dell’acqua, il Fashion Transparency Index 2022 di Fashion Revolution rileva che su 250 marchi di moda globali, solo l’11% pubblica i risultati dei test sulle acque reflue dei propri fornitori. Inoltre, solo il 25% dei brand afferma di condurre valutazioni sui rischi legati al consumo all’acqua nella loro catena di approvvigionamento.
La trasparenza sulla gestione e salvaguardia idrica è essenziale. Infatti, come sottolinea Fashion Revolution, i marchi di moda sono responsabili degli impatti delle loro produzioni lungo l’intera catena di produzione. Avere dei dati significa salvaguardare la biodiversità locale, i lavoratori dell’abbigliamento e le loro comunità.
Consumi elevati e inquinamento delle acque
Quello che è certo è che nell’abbigliamento e nel tessile i volumi di acqua utilizzati sono molto elevati. In particolare, nella produzione di materie prime e nelle fasi di tintura e lavorazione ad umido.
Al consumo di acqua si aggiunge anche quello del suo inquinamento. Tra le cause, l’impiego di pesticidi in fase di coltivazione della materia prima, come nel caso cotone intensivo, dei vari processi di lavaggio e tinture oppure del rilascio di microplastiche dei tessuti sintetici.
La Banca Mondiale ha calcolato che il 20% dell’inquinamento industriale dell’acqua proviene dalla tintura e dal trattamento dei tessuti.
Attualmente, molti dei principali paesi produttori di cotone sono sotto stress idrico elevato. E’ il caso, ad esempio, Cina, India, Stati Uniti, Pakistan e Turchia. Oltre al cotone, in Cina vengono realizzati tessuti, filati e fibre a base di plastica che nell’80/90% dei casi si trovano in regioni con scarse risorse idriche o con stress idrico.
Quanta acqua serve per produrre un kg di cotone?
La domanda d’acqua per la produzione di cotone varia a seconda della località e contesto di produzione.
Ad esempio, il WWF ha calcolato che servono tra 10.000 – 20.000 litri di acqua per produrre un kg di cotone.
Altri studi più recenti dicono che il fabbisogno idrico è di circa 1.600 litri d’acqua per un kg di cotone. Insomma, c’è una bella differenza. Ma, come spiega Francesca Rulli, esperta di sostenibilità, nel libro Fashionisti consapevoli. Vademecum della moda sostenibile, il problema non sta tanto nell’acqua che serve al cotone per crescere quanto di come viene utilizzata. Pratiche di gestione inefficienti sono ancora molto comuni, specie nei paesi in via di sviluppo già vulnerabili alla siccità.
Quanta acqua si consuma per produrre una t-shirt e un paio di jeans?
Una maglietta in cotone e un paio di jeans sono indumenti iconici che tutti abbiamo nel nostro armadio. Ma quanta acqua serve per produrli? Anche in questo caso le stime sono molto elevate.
Se la t-shirt è in cotone da agricoltura intensiva, il consumo medio è di circa 2.720 litri di acqua. Un volume pari a quanto una persona dovrebbe bere in 2 anni e mezzo.
Invece, per produrre il cotone necessario per fare un paio di jeans servono, in media, 3.800 litri di acqua. Un quantitativo che non considera l’acqua necessaria per le tinture che vanno dalle 3 alle 9, come scrive Francesca Rulli nel paragrafo dedicato al jeans nel libro che ho citato.
A questo impatto sul consumo dell’acqua c’è anche quello dell’inquinamento causato dalla miscela di petrolio e altre sostanze chimiche che danno al jeans il colore indaco.
Quanta acqua consuma il cotone organico?
Esiste anche il cotone biologico o organico. Rispetto al cotone da produzione convenzionale, il risparmio idrico è molto sostanzioso, cioè del 71% secondo Textile Exchange. Per sapere se la t-shirt o jeans che stai comprando sono biologici o organici guarda l’etichetta o il cartellino per vedere se sono presenti certificazioni. Ecco le più comuni e rigorose:
- GOST – Organic Textile Standard – prodotti con almeno il 70% di fibre naturali da agricoltura biologica.
- OCS – Organic Content Standard – prodotti con almeno il 5% di fibre naturali biologiche.
Oltre al risparmio idrico, la coltivazione del cotone organico preserva la fertilità dei suoli, trattiene l’acqua, non utilizza diserbanti e pesticidi né tanto meno sementi geneticamente modificati.
Il cotone organico, purtroppo, copre appena 1% della produzione totale di cotone.
Inoltre, è sempre più comune trovare sulle confezioni anche il logo BCI – Better Cotton Iniziative – significa che il marchio o il rivenditore ha aderito al programma Better Cotton che aiuta gli agricoltori a ridurre l’impatto ambientale della coltura del cotone e a garantire condizioni di lavoro dignitose.
Solo i membri BCI possono utilizzare questo logo e a una condizione: che abbiano acquistato almeno il 10% del proprio cotone come Better Cotton, con l’obiettivo di acquistarne almeno il 50% entro cinque anni.
Inoltre, si è anche aperta la strada al cotone riciclato o rigenerato ricavato da scarti di produzione e abiti usati. Non utilizzando materia vergine, l’impatto del cotone riciclato è ridotto notevolmente. Per riconoscere il cotone rigenerato ci sono due certificazioni:
- GRS – Global Recycled Standard – certifica un contenuto minimo riciclato 20%;
- RCS – Recycled Claim Standard – certifica un contenuto minimo riciclato del 5%.
Come risparmiare acqua quando acquisti e usi i tuoi abiti
E’ possibile risparmiare acqua negli acquisti o nell’uso dei tuoi vestiti?
Certo che sì. Ti propongo tre accortezze da seguire.
Tre consigli per risparmiare acqua acquistando abiti:
- il primo passo per risparmiare risorse, anche l’acqua, è ridurre la domanda. Utilizza il più possibile quello che hai. Ripara e riadatta. In questo modo, comprerai solo quello che ti serve davvero e investirai di più sulla qualità;
- acquista usato o vintage. E’ la seconda scelta che ti permette di acquistare quello che ti serve riducendo la domanda di nuovi vestiti. Ti divertirai di più e avrai uno stile tutto tuo;
- Preferisci tessuti naturali e biologici, fibre riciclate (come la lana, il cotone, il cashmere) o capi frutto del riciclo creativo (upcycling). Inoltre, scegli marchi impegnati nel ridurre l’impronta e l’inquinamento idrico.
Tre consigli per risparmiare acqua quando lavi i tuoi capi di abbigliamento:
- lava i tuoi vestiti solo se necessario e usa la lavatrice a pieno carico. Dosa bene il detersivo sia a mano che in lavatrice. Eviterai di risciacquare più del necessario.
- fai attenzione alle istruzioni di lavaggio presenti in etichetta: non lavare a 60° quello che va lavato a 30°.
- ricorda che i jeans vanno lavati di rado. Lavali in acqua fredda e al contrario. Evita l’asciugatrice perché il calore rovina la fibra. Se vuoi che ti durino di più, scegli il 100% cotone, piuttosto che miscelato con fibre sintetiche come l’elastane.
Foto di Engin Akyurt