Tante voci diverse riunite in un unico movimento. È nato in Italia il Movimento Moda Responsabile e ne fanno parte oltre 20 realtà tra professionisti del settore, brand, cooperative, aziende, associazioni e produttori.

Insieme hanno dato vita a un Manifesto che si fonda su 4 valori: ricerca di qualità, creazione di valore sociale, rispetto dell’ambiente, etica e responsabilità sociale. Insomma, tutto l’opposto del modello di business della fast fashion.

Sembrano obiettivi titanici, in realtà le aziende che hanno scritto il Manifesto sono nate con questi valori e li stanno portando avanti. E se lo fanno loro, significa che lo possono fare anche altri brand.

È lodevole che queste realtà, con l’appoggio di attivisti ed esperti della moda responsabile e sostenibile, abbiano scelto di condividere la loro esperienza e voglia di migliorare. Abbiamo scelto di farsi portavoce di un cambiamento necessario con l’intento di inglobare altre nuove realtà affinché la moda responsabile non sia un settore di nicchia, ma diventi la norma. In effetti, non c’è scelta. Questo dovrà essere.

Per realizzare i 4 pilastri del Manifesto, il Movimento Moda Responsabile ha stilato un’agenda in 3 punti:

1) educare e sensibilizzare sulle problematiche ambientali e sociali legate al settore moda e sulle soluzioni per renderlo più responsabile;

2) collaborare e condividere in modo accessibile e gratuito know how, risorse e saperi, per il miglioramento reciproco delle realtà del settore;

3) far sentire la voce di aziende, professionisti e cittadini, chiedendo alle istituzioni azioni concrete per tutelare i consumatori e supportare le realtà virtuose.

La nascita di questo Movimento riguarda tutti. Non è solo una scelta di business aziendale. La moda è nella nostra quotidianità. Lo è sia che scegliamo di comprare un capo di abbigliamento oppure no preferendo magari quello che già possediamo. La moda fa parte di noi. È un settore che impatta in molti altri e coinvolge tutti.

La moda ha a che fare con l’ambiente, il cambiamento climatico, il benessere delle persone che producono i nostri vestiti, ha a che fare con il nostro stile di vita e racconta chi siamo, ha a che fare con la cultura e la società nel suo insieme. Soprattutto, ha a che fare con il mondo che vogliamo e il Pianeta che vogliamo lasciare.

Per noi fruitori della moda, nella pratica questo Manifesto ci aiuta in tante cose. Come, ad esempio, quella di prediligere la qualità piuttosto che la quantità. Il che, come  è scritto nel Manifesto, significa:

1) utilizzare il prodotto in maniera più consapevole, seguendo le informazioni di uso e lavaggio specificate in etichetta;

2) scegliere di allungare la vita del capo, donandolo o rivendendolo quando non lo utilizziamo più;

3) a ripararlo o riciclarlo correttamente, quando è rovinato o rotto.

Scegliendo la qualità, piuttosto che la quantità, arresteremo la produzione sconsiderata di indumenti che non ci servono, non costringeremo milioni di donne a fare turni massacranti pagati una miseria perché il brand di turno ha deciso di aumentare la produzione, non ci sarà bisogno di stressare ulteriormente l’ambiente con la coltivazione o produzione di nuova fibra per fare i tessuti.

Come ti dicevo, il Manifesto è nato dal confronto tra attivisti esperti, brand, associazioni, cooperative. Tanto per rendere l’idea figurano Marina Spadafora, coordinatrice di Fashion Revolution Italia, Silvia Stella Osella, consulente creativa e divulgatrice, Francesca Romana Rinaldi, docente esperta di moda circolare e sostenibile, brand e aziende come RifòID.EIGHT, Fili PariProgetto Quid, Seay, Womsh, Atelier Riforma, associazioni come rén collective e la Cooperativa Sociale Insieme A R.L. Se vuoi conoscere tutte le realtà che si sono unite al Movimento a questo link trovi la lista completa.

Foto di cottonbro studio

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