Nel 1950 il guardaroba ideale per una donna adulta di città era indicato in 42 capi di abbigliamento (esclusi accessori e biancheria). Nel 1960 in Francia la media era stimata in 40 pezzi.

Negli anni gli armadi sono diventati sempre più grandi e pieni zeppi di vestiti. In Olanda, ad esempio, si va dai 70 ai 429 articoli. I dati sono citati in “Unfit, Unfair, Unfashionable: Resizing Fashion for a Fair Consumption Space” di Hot or Cool Institute.

Questo studio si focalizza sulla necessità di limitare il consumo di moda agli effettivi bisogni in modo da ridurre l’impatto sulla crisi climatica.

Sommario
Moda e crisi climatica
Produzione e consumo oltre i limiti
Vestiti: chi consuma e emette di più?
Quanti vestiti nell’armadio?
Qual è la percentuale di vestiti inutilizzati?
10 consigli per evitare acquisti inutili
La mia esperienza

Moda e crisi climatica

L’industria della moda è uno dei settori a maggior emissioni dei gas serra, con una quota del 4% a livello globale, secondo gli ultimi dati disponibili al 2018.

Per contenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5 °C, limite previsto dall’Accordo di Parigi sul clima delle Nazioni Unite, è necessario abbattere le emissioni globali del 45-55% entro il 2030.

Per fare la sua parte l’industria della moda deve dimezzare le sue emissioni, ma le stime indicano un aumento al 2030 di un terzo circa, arrivando a 2.700 miliardi di tonnellate di CO2 equivalenti.

Leggi anche: Nell’industria della moda le emissioni di gas serra aumentano. E questo è un guaio.

Migliorare le tecnologie di produzione, rendendole più efficienti non basta, è specificato nel Report di Hot or Cool Institute. Occorre intervenire sulla sovrapproduzione e sul consumo eccessivo di moda.

Produzione e consumo oltre i limiti

L’industria dell’abbigliamento produce troppo. In particolare, la fast fashion è iperproduttiva e alimenta un consumo continuo. Le conseguenze sono lo sfruttamento oltre i limiti di risorse naturali, emissioni di gas serra, inquinamento, sfruttamento della manodopera e superlavoro.

Dal 2000 il numero di articoli di abbigliamento prodotti ogni anno è raddoppiato e dal 2014 ha superato il miliardo.

New Textiles Economy: Redesigning fashion’s futuredi Ellen MacArthur Foundation

Consumiamo di più e utilizziamo di meno. Tanto che si stima che più della metà dei prodotti di fast fashion vengano scartati in meno di un anno. Infine, secondo il British Fashion Council, attualmente sul Pianeta abbiamo abbastanza vestiti per le prossime 6 generazioni.

Vestiti: chi consuma ed emettette di più?

Lo studio “Unfit, Unfair, Unfashionable: Resizing Fashion for a Fair Consumption Space” si focalizza sulla riduzione dei consumi dei Paesi ad alto reddito del G20 e all’interno di essi della fascia di popolazione più agiata.

Tra i Paesi del G20 l’Australia ha la più alta impronta di emissioni a causa del consumo eccessivo di moda con 503kg di emissioni di CO2e all’anno a testa.

Ogni australiano acquista in media 27 kg di vestiti e ne scarta 23 kg. L’India invece è il paese del G20 con il più basso impatto di emissioni (22 kg CO2e all’anno) dovuto a un consumo di moda insufficiente alle necessità.

Tra i Paesi ad alto reddito, la Francia ha i livelli più bassi di impatto, grazie a una serie di provvedimenti (l’ultimo quello sul bonus riparazioni), che riducono l’impronta ambientale.

Quindi se i francesi devono ridurre del 12% le emissioni di gas serra dovute al consumo di moda, gli australiani devono abbatterle del 74%, mentre l’Italia del 49%.

Non solo. All’interno dei singoli Paesi più ricchi, chi deve ridurre di più? Le fasce più agiate. Ad esempio nel Regno Unito, il 20% più ricco deve ridurre la propria impronta di consumo di moda dell’83%, in Germania e in Italia del 75%, del 50% in Francia.

Quanti vestiti nell’armadio? Dai 74 agli 85 articoli

Quanti vestiti dovremmo avere per un guardaroba sostenibile, equilibrato rispetto ai bisogni e a basse emissioni di anidride carbonica?

Dipende da vari fattori: abitudini, stili di vita e necessità. Detto questo, le indicazioni in “Unfit, Unfair, Unfashionable: Resizing Fashion for a Fair Consumption Space” non mancano.

Un guardaroba sufficiente alle diverse necessità dovrebbe avere 74 pezzi (incluse le scarpe) nei Paesi che hanno 2 stagioni e 85 in quelli che hanno 4 stagioni.

L’Italia, come il resto d’Europa, trovandosi nella zona temperata, ha 4 stagioni. Ma il clima sta cambiando rapidamente, con inverni più corti ed estati più lunghe. Comunque, partiamo con l’idea dei 74 pezzi e vediamo quanti outfit (abbinamenti) è possibile creare secondo il Report.

Con 74 articoli è possibile creare 20 outfit:
  • 6 per andare al lavoro
  • 3 per stare in casa
  • 5 per le attività sportive
  • 4 per il tempo libero (giacche, pantaloni, gonne..,)
  • 2 per le occasioni speciali

Troppo pochi? Guarda nel tuo armadio e conta i capi che metti più spesso. Scoprirai che molte cose del tuo guardaroba sono inutilizzate.

Qual è la percentuale di vestiti inutilizzati?

Secondo alcune ricerche in media il 30% di quello che è nel nostro armadio non lo utilizziamo. Quindi, ridurre questo 30% non costerebbe nessun sacrificio.

Se guardiamo all’Italia, secondo una indagine di Ipsos commissionata da Bonprix, su un volume medio di 85 capi di abbigliamento la metà viene indossata raramente o mai. Questo a fronte di una spesa media mensile di circa 111€ al mese. Soldi non proprio ben spesi.

Quanti vestiti nell’armadio? 10 consigli per evitare acquisti inutili

Comprare meno e meglio, aver cura di quello che si ha dà enormi vantaggi: si risparmiano soldi, risorse naturali e si diminuiscono le emissione di gas serra.

Ecco 10 consigli per un guardaroba sostenibile e a basse emissioni tratti da “Unfit, Unfair, Unfashionable: Resizing Fashion for a Fair Consumption Space”.

  • Estendi di 9 mesi l’uso al 90% dei tuoi capi
  • Minimizza lo spazio dell’armadio
  • Evita gli acquisti impulsivi, in particolare quelli online
  • Evita i lavaggi eccessivi
  • Mantieni al meglio i tuoi vestiti
  • Ripara e rammenda
  • Scegli abbigliamento di seconda mano (dovrebbe costituire oltre il 20% del tuo guardaroba)
  • Modifica quello che hai (accorcia, allarga, taglia) e crea nuovi capi con il riciclo creativo (upcycling)
  • Affitta per le occasioni speciali

E se non si riuscisse a fare tutto questo o non fosse sufficiente? Allora bisognerebbe limitarsi all’acquisto di 5 nuovi vestiti all’anno (possibilmente di qualità). In questo modo si rispetterebbero i livelli di consumo e il contenimento delle emissioni di gas serra.

La mia esperienza

Negli ultimi 4 anni non ho comprato nulla di nuovo, né abbigliamento, scarpe o accessori. Ho solo acquistato di seconda mano e con grande soddisfazione. Ho rivalutato alcune cose che avevo in fondo all’armadio e che non indossavo da tempo.

Leggi anche: Conviene comprare abbigliamento usato? C’è un risparmio enorme.

Ho ancora tanti capi che non metto accumulati negli anni. Piano piano sto cercando di dargli una seconda vita: scambiandoli, cercando di venderli su Vinted, donandoli a Humana vintage.

Non è stata una sfida né una scommessa. Entrando sempre più nel merito degli impatti della moda a livello ambientale e sociale, viene naturale. È un processo. Basta iniziare.

Infine, a proposito di armadi pieni, guarda il documentario Junk.

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