Hai mai sentito parlare della discarica di abiti usati del deserto di Atacama in Cile? È la seconda più grande al mondo. Ci sono montagne di vestiti, scarpe e accessori, spesso ancora con il cartellino.
Ebbene, proprio dagli abiti di questa discarica sono stati creati capi di abbigliamento alla moda. Un modo per dimostrare che anche dai vestiti buttati, trattati come rifiuto e senza valore, possono nascere altri vestiti e pure di alta fascia.
La nuova collezione, ad edizione limitata, è arrivata proprio in questi giorni dalla collaborazione tra Electrolux, marchio globale di elettrodomestici, e Rave Review un brand creato da due designer svedesi. Le stiliste sono Josephine Bergqvist e Livia Schück, specializzate nella tecnica dell’up-cycled, cioè nel creare qualcosa di nuovo dagli scarti o dai vestiti dismessi.
Ogni abito di questa collezione è un pezzo unico e non è in vendita.
E allora perché fare arrivare questi capi usati dal Cile alla Svezia? Lo scopo dell’iniziativa di Electrolux, in collaborazione con Rave Review, è ispirare le persone a guardare con occhi diversi gli abiti del proprio guardaroba e a prendersene cura al meglio. Indossare di più quello che abbiamo per evitare che diventi un rifiuto prima del tempo. Per questo, con la nuova collezione è stata anche lanciata la campagna Break the Pattern per rompere lo schema dell’usa e getta nell’abbigliamento.
Ogni anno 21 miliardi di tonnellate di vestiti finiscono in discarica
Purtroppo, a causa del fast fashion, delle moda veloce usa e getta, negli ultimi 15 anni la produzione di abbigliamento è raddoppiata arrivando a 100 miliardi di prodotti all’anno. I prezzi economici del fast fashion e le collezioni continue (fino a 52 l’anno) hanno fatto lievitare i consumi. Tanto che oggi, in media, possediamo il 60% in più di vestiti rispetto a 10 anni fa. Li compriamo e li scartiamo velocemente, anche quando potrebbero essere ancora indossati.
Così, secondo l’UNECE (Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite) ogni anno 21 miliardi di tonnellate di vestiti finiscono in discarica: nel solo deserto di Atacama ne vengono abbandonate ogni anno circa 39.000 tonnellate. In media ogni cittadino europeo butta via 11 kg di prodotti tessili all’anno. Nel mondo ogni secondo l’equivalente di un camion di prodotti tessili finisce in discarica o incenerito.
Perché prendersi cura dei vestiti che già abbiamo
«Il fast fashion crea senz’altro problemi, ma è evidente che dobbiamo cambiare il modo con cui ci prendiamo cura e utilizziamo i nostri abiti. Sappiamo dalla ricerca che prolungare la vita dei capi di soli nove mesi può ridurre la produzione di rifiuti del 20-30%, oltre a diminuire le emissioni di carbonio e l’impronta idrica. Ci sono diversi modi per farlo: riparare o riciclare vecchi abiti, ma anche arieggiarli, rinfrescarli con il vapore o lavarli in modo più sostenibile», suggerisce Vanessa Butani, VP Group Sustainability di Electrolux.
«Abbiamo sempre creduto che nel futuro la moda non potrà esistere così com’è oggi. Ritengo che tutti noi, in qualche modo, dobbiamo cambiare: prenderci cura di ciò che abbiamo già è probabilmente la via più tangibile e semplice per farlo», ha dichiarato Livia Schück, co-fondatrice e direttrice creativa di Rave Review.
Far durare gli indumenti il doppio e dimezzare entro il 2030 l’impatto ambientale causato dalla cura del bucato è l’obiettivo di Electrolux. Un traguardo che ritiene possibile migliorando le tecnologie per trattare ogni tipo di tessuto e incoraggiando ad abitudini di lavaggio più sostenibili.
Cosa significa lavare l’abbigliamento in maniera sostenibile?
Lavare l’abbigliamento in modo sostenibile significa adottare semplici accortezze in modo da farlo durare il più possibile. Al riguardo Electrolux nella sua indagine The truth about laundry ha scoperto una serie di errori.
Pensa che a causa di lavaggi sbagliati nove capi di abbigliamento su dieci finiscono in discarica molto prima di quanto dovrebbero. Un lavaggio errato può danneggiare il tessuto, sbiadire i colori, deformare i capi, causare restringimento e rovinare i vestiti a causa del rilascio di colore su altri capi.
Prendersi cura dei vestiti: ecco gli errori più comuni in lavatrice e come evitarli
- Lavaggi troppo frequenti. Generalmente i vestiti vengono lavati più del dovuto rispetto a quanto vengono indossati. Secondo la ricerca, il numero medio di i cicli di lavaggio effettuati in tutta l’Unione europea è 4,2 a settimana per nucleo familiare. Questo comporta deterioramento dei capi, maggiori emissioni di CO₂ (anidride carbonica responsabile del cambiamento climatico) aumento di consumi elettrici e di acqua.
- Temperature eccessive. Oltre il 60% delle persone in tutta Europa lava a 40°C e oltre. Se da 40°C si passasse a 30°C, il risparmio potenziale sarebbe l’equivalente di quasi 5 milioni di tonnellate di CO₂ ogni anno. Inoltre, il lavaggio a 40° C aumenta il rilascio di microfibre e microplastiche rispetto a un lavaggio a un ciclo freddo-rapido. Lavare a 30°C, o a temperature inferiori, dovrebbe diventare la norma. A meno che non si tratta di capi particolarmente sporchi.
- Colori sbiaditi. La temperatura e il tempo di lavaggio influiscono sul mantenimento dei colori. La maggior perdita di colore avviene con lavaggi a 40°C, 85 minuti per ciclo, rispetto a un lavaggio a freddo e a ciclo rapido (25°C; 30 minuti).
- Il tipo di detersivo utilizzato può fare la differenza. Il detersivo in polvere, a causa della sua abrasività, può accorciare la vita di molti tessuti. La maggior parte delle polveri contengono anche candeggina che può essere molto efficace sui bianchi, ma può danneggiare i colori.
Lo sapevi? La temperatura indicata sull’etichetta di cura non è quella consigliata per il lavaggio del capo di abbigliamento, ma è la temperatura massima da non superare.
- Sì alla lavatrice a pieno carico, ma... Lavare carichi completi di biancheria è la scelta giusta. Ci sono però alcuni tessuti delicati (es. lana, seta, viscosa) e articoli particolari, come i piumini, che possono degradarsi più rapidamente se lavati a pieno carico. Può essere anche il caso degli indumenti con zip e gancetti (che è sempre bene chiudere prima di metterli in lavatrice) e rivetti: senza spazio per muoversi possono impigliarsi e tirare, danneggiando i capi.
- Calzini e biancheria intima. Molti siti web consigliano di lavare i calzini a 40°C e oltre. Lo stesso vale per l’intimo. Per non avere un impatto negativo sul tessuto, calzini e biancheria intima possono essere lavati a 20°C. Si può aggiungere un disinfettante per ciclo di lavaggio che può eliminare fino al 99,9% virus e batteri.
Centinaia di milioni di capi di abbigliamento vengono lavati a temperature troppo alte. Ecco cosa è emerso dalle interviste commissionate da Electrolux in Europa:
- Il 50% lava una T-shirt a 40° C o superiore e il 10% a 60°C o più;
- Il 54% lava i jeans a 40° C e un 10% a 60° C o superiore;
- Il 25% lava la biancheria intima a 60°C o sopra;
- Il 15% lava abbigliamento sportivo a 50°C e oltre;
- Il 48% lava abbigliamento outdoor a 40°C e oltre. Il 19% fa lo stesso con la lana.
Due guide di Fashion Revolution per avere cura dei tuoi vestiti
Ormai è chiaro, prolungare la vita degli abiti che già abbiamo nell’armadio è essenziale. Anche noi come consumatori facciamo parte della filiera della moda. E dobbiamo prenderci le nostre responsabilità. Ama i tuoi vestiti e falli durare prendendotene cura.
Per farlo ecco due guide di Fashion Revolution, movimento globale che si batte per una moda più etica e giusta.
Guida n.1 – Come prendersi cura degli abiti in base al tipo di tessuto: lavare, stirare, conservare e smaltire. Scarica la guida Conoscete i vostri materiali.
Guida n. 2 – Una macchia di rossetto, di vino, di sugo o d’inchiostro può rovinare il tuo vestito preferito. Ecco come liberarsi dalle macchie più ostinate. Scarica la guida Adios macchie!
Prendersi cura dei propri vestiti non costa niente. Comprarli di nuovi, quando potresti indossare quelli che hai già, costa tantissimo: per le tue tasche, per l’ambiente in cui vivi, per le persone che hanno fatto quei vestiti e spesso in condizioni di sfruttamento del lavoro.