Il paradosso della proprietà
Nonostante la crescente attenzione alla sostenibilità, due italiani su tre continuano a preferire la proprietà rispetto all’uso temporaneo di un bene. Un dato in controtendenza rispetto alla logica del riutilizzo e dell’economia condivisa.
Cala anche l’uso del noleggio, dei servizi di sharing e del leasing. Il bisogno di “possedere” resta dunque forte, anche se spesso in contrasto con i principi della circolarità.
Abbigliamento: quando l’usato sfida il nuovo
Quando si parla di fine vita del prodotto, l’abbigliamento è uno dei pochi settori in cui gli italiani si interrogano sull’effettiva necessità di una sostituzione. Prima di comprare un capo nuovo, molti valutano se sia davvero indispensabile, se si possa riparare o addirittura evitare l’acquisto. Tuttavia, la filiera della riparazione nel fashion è ancora fragile: penalizzata dalla scarsità di professionalità artigiane e dalla mancanza di servizi diffusi sul territorio.
È evidente che la crescita di sartorie di oltre il 4% tra il 2014 ed il 2024, registrata da una precedente indagine di Ipsos, dovuta soprattutto all’imprenditoria straniera, non è sufficiente.
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E non solo sartorie: mancano anche i calzolai
Se le sartorie scarseggiano, lo stesso vale per un’altra figura storica dell’artigianato: il calzolaio. Anche se il report si concentra sull’abbigliamento, vale la pena ricordare che molte scarpe potrebbero avere una seconda vita se solo esistessero più laboratori di riparazione.
La loro progressiva scomparsa rappresenta un altro nodo da sciogliere per rendere davvero praticabili i consumi circolari.
Consumatori più consapevoli, ma servono politiche più forti
«Il report FragilItalia fotografa un’Italia che sta cambiando», afferma Simone Gamberini, presidente Legacoop. «Ma perché questo cambiamento sia duraturo, servono politiche più incisive che coinvolgano istituzioni e imprese, promuovano la riparabilità dei prodotti, sostengano le reti locali e rendano accessibili i modelli sostenibili».
Il desiderio di maggiore durabilità, riparabilità e riutilizzo è già ampiamente condiviso: il 91% degli italiani cerca prodotti più duraturi, il 90% li preferisce facilmente riparabili e l’85% riutilizzabili. Ma resta il nodo economico: per tutte le categorie di prodotti considerati, i costi di riparazione sono troppo elevati e mancano servizi diffusi che facilitino davvero il riuso.
Le cooperative, secondo Gamberini, possono giocare un ruolo centrale nel promuovere filiere locali del riuso, della riparazione e della distribuzione sostenibile.
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Il bonus riparazione e rammendo della Francia
Dal punto di vista politico, invece, si potrebbe prendere esempio dal bonus riparazioni introdotto in Francia con la Legge anti-spreco per l’economia circolare del 2020. Inizialmente pensato per la riparazione di prodotti elettrici ed elettronici, dal 2023 è stato esteso anche all’abbigliamento, con il cosiddetto bonus rammendo.
L’incentivo è gestito da Refashion, un’organizzazione attiva nella raccolta, riparazione e riutilizzo di tessuti, abiti e calzature. Attraverso il proprio sito, Refashion mette in contatto consumatori e artigiani: i professionisti possono registrarsi sulla piattaforma e gli utenti individuare, tramite una mappa interattiva, il servizio di riparazione più vicino. Il valore del bonus va da 7 a 25 euro, dipende dall’entità dell’intervento.
Lo sconto viene applicato al momento del pagamento, rendendo la riparazione più conveniente rispetto all’acquisto di un prodotto nuovo, anche quando quest’ultimo ha un prezzo contenuto.
Grazie al bonus riparazioni finora sono stati riparati oltre 1 milione di vestiti e scarpe per un totale di 6,8 milioni di euro di bonus concessi e accreditati agli artigiani.