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donna in un negozio abbigliamento usato con in mano un vestito estivo rosa
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Consumi circolari: cresce l’usato e si cercano sartorie

Sempre più italiani scelgono l’usato e la riparazione, ma i consumi circolari sono frenati dalla carenza di sartorie e servizi locali di riparazione.

Gli italiani acquistano sempre più spesso prodotti di seconda mano, abbigliamento compreso, e mostrano una crescente propensione ad allungare la vita degli oggetti attraverso la cura e la riparazione.

Tuttavia, questi comportamenti circolari si scontrano ancora con diverse barriere: mancanza di fiducia, costi elevati e ostacoli pratici, come la scarsa disponibilità di servizi di riparazione – pensa, ad esempio, alle sartorie.

È quanto emerge dal report FragilItalia, realizzato da Legacoop in collaborazione con Ipsos e presentato in occasione della Conferenza nazionale sull’economia circolare, promossa dal Circular Economy Network.

Nel 2025, il 48% degli italiani dichiara di acquistare prodotti usati – in crescita di 3 punti rispetto al 2023 – e il 39% prodotti rigenerati (+3 punti). Una tendenza che segna un cambiamento culturale, specie tra le generazioni più giovani e le persone con livelli di istruzione più elevati. L’abbigliamento è tra i beni più acquistati nel circuito second hand, insieme a piccoli elettrodomestici e dispositivi tecnologici.

L’usato cresce grazie a una maggiore consapevolezza verso un consumo più responsabile, oltre che per ragioni economiche. Una crescita, però, limitata da dubbi sulla qualità e affidabilità degli articoli di seconda mano. Infatti, in due anni la percezione di affidabilità dell’usato è scesa di 9 punti, e di 7 quella della sua durabilità.

Il paradosso della proprietà

Nonostante la crescente attenzione alla sostenibilità, due italiani su tre continuano a preferire la proprietà rispetto all’uso temporaneo di un bene. Un dato in controtendenza rispetto alla logica del riutilizzo e dell’economia condivisa.

Cala anche l’uso del noleggio, dei servizi di sharing e del leasing. Il bisogno di “possedere” resta dunque forte, anche se spesso in contrasto con i principi della circolarità.

Abbigliamento: quando l’usato sfida il nuovo

Quando si parla di fine vita del prodotto, l’abbigliamento è uno dei pochi settori in cui gli italiani si interrogano sull’effettiva necessità di una sostituzione. Prima di comprare un capo nuovo, molti valutano se sia davvero indispensabile, se si possa riparare o addirittura evitare l’acquisto. Tuttavia, la filiera della riparazione nel fashion è ancora fragile: penalizzata dalla scarsità di professionalità artigiane e dalla mancanza di servizi diffusi sul territorio.

È evidente che la crescita di sartorie di oltre il 4% tra il 2014 ed il 2024, registrata da una precedente indagine di Ipsos, dovuta soprattutto all’imprenditoria straniera, non è sufficiente.

Leggi anche: Second hand contro fast fashion: il vero risparmio è nell’usato

Consumi circolari: carenza di sartorie per le riparazioni. La foto illustra la riparazione di un jeans.
In Italia c’è una carenza di sartorie: l’aumento in 10 anni del 4% non soddisfa la domanda.

E non solo sartorie: mancano anche i calzolai

Se le sartorie scarseggiano, lo stesso vale per un’altra figura storica dell’artigianato: il calzolaio. Anche se il report si concentra sull’abbigliamento, vale la pena ricordare che molte scarpe potrebbero avere una seconda vita se solo esistessero più laboratori di riparazione.

La loro progressiva scomparsa rappresenta un altro nodo da sciogliere per rendere davvero praticabili i consumi circolari.

Consumatori più consapevoli, ma servono politiche più forti

«Il report FragilItalia fotografa un’Italia che sta cambiando», afferma Simone Gamberini, presidente Legacoop. «Ma perché questo cambiamento sia duraturo, servono politiche più incisive che coinvolgano istituzioni e imprese, promuovano la riparabilità dei prodotti, sostengano le reti locali e rendano accessibili i modelli sostenibili».

Il desiderio di maggiore durabilità, riparabilità e riutilizzo è già ampiamente condiviso: il 91% degli italiani cerca prodotti più duraturi, il 90% li preferisce facilmente riparabili e l’85% riutilizzabili. Ma resta il nodo economico: per tutte le categorie di prodotti considerati, i costi di riparazione sono troppo elevati e mancano servizi diffusi che facilitino davvero il riuso.

Le cooperative, secondo Gamberini, possono giocare un ruolo centrale nel promuovere filiere locali del riuso, della riparazione e della distribuzione sostenibile.

Leggi anche: Cos’è la moda circolare? Significato, esempi e perché è importante

Il bonus riparazione e rammendo della Francia

Dal punto di vista politico, invece, si potrebbe prendere esempio dal bonus riparazioni introdotto in Francia con la Legge anti-spreco per l’economia circolare del 2020. Inizialmente pensato per la riparazione di prodotti elettrici ed elettronici, dal 2023 è stato esteso anche all’abbigliamento, con il cosiddetto bonus rammendo.

L’incentivo è gestito da Refashion, un’organizzazione attiva nella raccolta, riparazione e riutilizzo di tessuti, abiti e calzature. Attraverso il proprio sito, Refashion mette in contatto consumatori e artigiani: i professionisti possono registrarsi sulla piattaforma e gli utenti individuare, tramite una mappa interattiva, il servizio di riparazione più vicino. Il valore del bonus va da 7 a 25 euro, dipende dall’entità dell’intervento.

Lo sconto viene applicato al momento del pagamento, rendendo la riparazione più conveniente rispetto all’acquisto di un prodotto nuovo, anche quando quest’ultimo ha un prezzo contenuto.

Grazie al bonus riparazioni finora sono stati riparati oltre 1 milione di vestiti e scarpe per un totale di 6,8 milioni di euro di bonus concessi e accreditati agli artigiani.

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