È uscita la settima edizione dell’Indice di trasparenza 2022 di Fashion Revolution (Fashion Transparency Index). Cosa è cambiato rispetto all’anno scorso? Ben poco. I marchi globali dell’industria della moda fanno pochi progressi sulla trasparenza e tracciabilità nelle loro catene di produzione.
Tra i più impegnati a dare informazioni pubbliche, il gruppo italiano OVS si classifica ancora una volta al primo posto con un punteggio medio del 78%. Un risultato condiviso con Kmart Australia e Target Australia. Seguono a distanza H&M, The North Face e Timberland.
Sotto la classifica generale (quella completa puoi consultarla a pagina 38 dell’Indice).
Trasparenza di filiera? Il miglioramento è minimo
Più in generale, dal Rapporto emerge che i principali marchi e rivenditori mondiali dell’industria della moda stanno facendo poco o nulla nel rendere pubblici i loro impegni in ambito sociale e ambientale lungo l’intera catena di fornitura. Infatti, tra i 250 marchi globali analizzati il punteggio medio complessivo è di appena il 24%. Rispetto all’anno scorso, la crescita è solo dell’1%.
Un’industria della moda poco trasparente non permette a nessuno di noi di fare scelte consapevoli quando acquistiamo un nuovo capo di abbigliamento o un paio di scarpe. In pratica, non abbiamo informazioni se chi cuce i nostri vestiti riceve un salario dignitoso, se il lavoro si svolge in un ambiente sicuro, se il nostro brand preferito è impegnato concretamente nella riduzione dell’impatto ambientale lungo l’intera catena di produzione.
Queste sono solo alcune informazioni essenziali che noi tutti dovremmo avere. E’ un nostro diritto.
La trasparenza di un brand non va confusa con la sostenibilità
Ora, come spiega Fashion Revolution, il Fashion Transparency Index non misura la sostenibilità ambientale o l’etica di un brand. Piuttosto, l’Indice è uno strumento per spingere i grandi marchi a essere più trasparenti sulle loro operazioni e catene produttive.
Infatti, la trasparenza è essenziale per consentire alla società civile, agli esperti del settore, a noi consumatori di chiedere ai brand una maggiore responsabilità nell’intera filiera di produzione.
La trasparenza è fondamentale per vigilare e verificare se gli impegni presi in ambito sociale e ambientale sono concreti e dove è possibile migliorare.
L’Indice raccoglie quasi 60 mila punti di dati su 246 diversi indicatori, dalla tracciabilità della catena di approvvigionamento alle emissioni di carbonio, dalle pratiche di acquisto alla riduzione delle microplastiche, dai materiali sostenibili alla violenza di genere.
I dati generali del Fashion Transparency Index 2022
Ecco i principali dati della settima edizione dell’Indice di trasparenza di Fashion Revolution 2022:
- il 48% dei marchi di moda globali pubblica un elenco dei loro produttori di primo livello. Cioè dei fornitori con i quali i brand hanno rapporti commerciali diretti. Sono i fornitori coinvolti nelle fasi finali della produzione come taglio, cucitura, assemblaggio e imballaggio per la spedizione. Riguardo agli altri due livelli, lavorazione dei tessuti, provenienza della materia prima, rimane una diffusa mancanza di trasparenza. Più in generale, il 50% dei principali marchi non rivela ancora informazioni sulle proprie catene di approvvigionamento;
- il 96% dei brand non dà informazioni sul pagamento di un salario dignitoso ai lavoratori della filiera di produzione. Solo il 13% rivela la presenza di un sindacato nelle strutture dei loro fornitori;
- quasi la metà dei grandi marchi (45%) pubblica obiettivi sui materiali sostenibili;
- l’85% dei principali marchi continua a non rivelare i propri volumi di produzione annuali nonostante le crescenti prove di sovrapproduzione e spreco di vestiti;
- solo l’11% dei marchi pubblica i risultati dei test delle acque reflue dei propri fornitori. Eppure, l’industria tessile è una delle principali cause dell’inquinamento idrico.
- appena il 29% dei marchi e rivenditori pubblica un obiettivo di decarbonizzazione basato sul Science Based Targets Initiative, sia nelle proprie operazioni che lungo la catena di fornitura. Troppo poco, visto che l’industria della moda ha un impatto considerevole sul cambiamento climatico.
Questa, in sintesi, la situazione di una industria globale della moda ancora troppo opaca. La strada verso la trasparenza è, purtroppo, ancora lunga.
Foto di Martino Pietropoli su Unsplash