Indietro

Economia circolare nella moda, capi di abbigliamento e scarpe donna
Facebook
X
Pinterest
WhatsApp

Cos’è la moda circolare? Significato, esempi e perché è importante

La moda circolare non è solo second hand. Scopri come funziona e alcuni esempi di brand che applicano l'economia circolare nella moda.

Due italiani su tre non sanno cos’è la moda circolare, secondo un sondaggio di Ipsos. Eppure non è una novità assoluta: basti pensare a un capo di abbigliamento passato di mano in mano. È un esempio di riutilizzo, uno degli aspetti chiave dell’economia circolare nella moda. Non l’unico, però.

Se un indumento dura a lungo significa che è fatto bene, è di buona qualità e non è necessario comprarne uno nuovo. Ma come ci si arriva? E cosa succede quando è il momento di scartarlo definitivamente?

Il concetto di moda circolare ruota essenzialmente sul risparmio e il recupero di materie prime, grazie all’ecodesign oltre che all’impiego di tecnologie innovative. I vantaggi sono meno produzione di rifiuti e sprechi, meno inquinamento ed emissioni di CO2, causa della crisi climatica.

Perché c’è bisogno di una economia circolare nella moda?

Sappiamo ormai fino alla nausea che l’industria della moda è tra le più inquinanti, senza contare gli impatti sociali.

Leggi anche: Le 12 aree di impatto sociale e ambientale della moda

Produciamo e consumiamo ancora secondo un modello di economia lineare: estraiamo, produciamo, usiamo e buttiamo. La moda – soprattutto con la fast fashion – ne è l’emblema.

La scienza ci avverte: abbiamo superato 6 dei 9 limiti planetari, tra cui CO2, uso del suolo, chimica e perdita di biodiversità. La moda contribuisce a questo squilibrio.

Superare questi limiti significa mettere in pericolo la vita su questo pianeta per le generazioni future e per tutte le specie viventi.

Leggi anche: Quante volte dovremmo indossare i nostri vestiti prima di scartarli?

Per queste ragioni dobbiamo passare a una economia circolare anche nella moda, in modo da recuperare materie prime senza continuare a sfruttare oltremisura le risorse del pianeta, che non sono infinite.

Il tessile è tra i settori con grandi potenzialità di circolarità. Tant’è che l’Unione europea ha stabilito la Strategia per il tessile sostenibile e circolare che sta generando direttive e regolamenti.

Entro il 2030, secondo la Strategia UE, i tessili dovranno essere durevoli, riciclabili e sicuri. E la fast fashion? Sarà fuori moda.

In Italia, come nel resto del mondo, ci sono brand e aziende impegnati per una moda circolare: si adoperano per risparmiare materie prime preziose e operare all’interno di un sistema rigenerativo.

Applicare l’economia circolare nella moda significa produrre abbigliamento, scarpe o accessori capaci di mantenere intatto il valore nel tempo e, una volta scartati, rientrare in circolo attraverso il riuso o il riciclo, oppure tornare in natura in sicurezza.

Una sfida non da poco, ma praticabile.

Leggi anche: Moda ed economia circolare, 13 eccellenze Made in Italy

Economia circolare nella moda: cosa significa in pratica

Come scrive Ellen MacArthur Foundation, punto di riferimento per l’economia circolare, l’industria della moda deve impegnarsi a creare prodotti che siano:

  • usati di più
  • fatti per essere rifatti
  • realizzati con materiali sicuri e riciclati o rinnovabili

Ma cosa significano questi tre punti nei fatti? Ecco spiegati uno per uno con alcuni esempi di brand impegnati nella moda circolare.

Usare di più

Per essere usato di più, un capo di abbigliamento, o quello che è, deve essere di qualità dal materiale alla fattura in modo che duri nel tempo.

La durabilità non è solo fisica, ma anche emozionale con prodotti sempre attuali e desiderabili.

Inoltre, deve essere facile da riparare. La riparazione è essenziale per allungare la vita di un prodotto: con il fai da te, attraverso le sartorie (in Italia sono in crescita) o anche i servizi di riparazione proposti dai brand, come ad esempio Worn Wear di Patagonia, Levi’s Tailor Shop o il servizio di riparazione di Freitag.

Usare di più significa anche second hand, sempre più diffuso su piattaforme come Vinted o Vestiaire Collective, oltre a negozi e mercatini del vintage e dell’usato.

Usare di più nella moda circolare vuol dire ricreare grazie al riciclo creativo usando quello che già c’è: possono essere capi usati, materiali provenienti da altri settori oppure rimanenze di tessuti. Di aziende e marchi che praticano l’upcycling ce ne sono diversi: dai vestiti agli accessori, alle scarpe.

Leggi anche: Borse e zaini etici ed ecologici, in PVC riciclato e altri materiali di recupero Made in Italy

Piccoli brand, ma con una grande visione e creatività. Come Frii Eco Fashion che crea camicie 100% cotone recuperando dalle lavanderie industriali le lenzuola scartate, anche a causa di piccoli difetti, degli hotel e resort.

Usare di più significa anche scambiare, tra amici e parenti o tramite gli swap party.

La moda circolare significa anche servizi. Oltre a quelli dedicati alla riparazione, c’è anche il noleggio, molto utile per le occasioni speciali.

Leggi anche: 5 cose da fare a costo zero (o quasi) per vestire circolare e sostenibile

Fatto per essere rifatto

Riusare significa produrre capi che possono essere facilmente smontabili, per essere riutilizzati al massimo. Ad esempio il brand Nicoletta Fasani crea abiti trasformabili e componibili, senza l’uso di bottoni e cerniere. 

Altro esempio, il marchio belga HNST Studio che per i suoi jeans, oltre a usare materiale rigenerato, utilizza bottoni svitabili e ha sostituito i rivetti con punti di ricamo.

Materiali sicuri e riciclati o rinnovabili

Per essere riciclati o rientrare nel circuito naturale i prodotti devono essere sicuri e privi di sostanze chimiche pericolose. Se un indumento non può più essere riutilizzato, allora rimane il riciclo della fibra. Oggi solo l’1% dell’abbigliamento viene riciclato per fare nuovo materiale per la moda.

Il problema principale è la composizione del tessuto, ormai nella stragrande maggioranza è fatto di un mix di fibre sintetiche o mischiate con fibre naturali che non sono riciclabili. La fine è la discarica, l’incenerimento o quando va bene la creazioni di sottoprodotti utilizzati il più delle volte in edilizia.

Sulla rigenerazione delle fibre il distretto tessile di Prato fa scuola, tanto che è leader mondiale per il riciclo della lana.

Ci sono anche brand Made in Italy, che creano abbigliamento a partire dalle fibre riciclate, è il caso ad esempio di Rifò e Risvolta.

Anche le calzature seguono l’esempio, come Reshoes che utilizza materiale riciclato dalla gomma ai lacci.

Buone pratiche anche sulle fibre naturali vergini e rinnovabili. Gli esempi in Italia non mancano: Ortika produce abbigliamento in fibra di ortica coltivata nell’Appennino modenese, oppure le camicie in cotone biologico coltivato in Puglia di GEST.

La moda circolare si sta facendo strada. Con scelte consapevoli – acquistando meno, meglio e valorizzando ciò che abbiamo – possiamo accelerare il cambiamento.

Potrebbero interessarti

Mondo Brand

Prossimi appuntamenti

Seguimi sui Social

Non perderti nulla

Iscriviti alla newsletter mensile di Fattidistile.

Le rubriche

Potrebbero interessarti

Non perderti nulla

Iscriviti alla newsletter mensile di Fattidistile. Riceverai notizie, consigli e approfondimenti sulla moda circolare e sostenibile.