Cos’è fuori moda? La gonna a balze, gli stivali a punta, le spalline, i pantaloni a zampa? No, fuori moda è il sistema stesso della moda, così come lo conosciamo oggi. Lo spiega bene Matteo Ward autore di Fuorimoda! Storie e proposte per restituire valore a ciò che indossiamo, edito da DeAgostini (pp. 256, 17,90 euro).
Un libro da leggere per capire l’insostenibilità del sistema moda attuale e la necessità di tendere invece verso una moda sostenibile. Termine che Ward preferisce sostituire con responsabile, perché se ognuno, nel proprio ambito, assume su di sé la responsabilità delle proprie scelte, come acquirenti, designer, manager, politici, allora la sostenibilità riacquista il suo significato più profondo: operare in equilibrio sia nella dimensione sociale che in quella ambientale.
Cos’è allora fuori moda?
Così è fuori moda la t-shirt pagata pochi soldi, ma ad alto impatto ambientale e sociale, è fuori moda un’industria che produce più di 100 miliardi di capi all’anno impossibili da smaltire se non avvelenando le terre del Kenya, del Ghana o del Cile (tanto per citare tre casi) e le vite delle persone che le abitano.
È fuori moda il fatto che meno del 2% delle persone che lavorano nell’industria della moda, soprattutto donne, percepisce un salario dignitoso. Questi sono solo alcuni esempi di un sistema fortemente squilibrato, votato alla crescita finanziaria continua, basato sulla sovrapproduzione, sullo sfruttamento umano e sull’estrazione, oltre i limiti, delle risorse naturali.
Per provare a riportare un sistema malato in equilibrio, bisogna conoscere e vedere. Se non si fa questo non si può essere consapevoli e tendere alla sostenibilità, andando alle origini del problema e delle cause.
Fuorimoda! Apriamo gli occhi
Matteo Ward ha vissuto dal di dentro il funzionamento della fast fashion mentre lavorava per un noto brand americano, fino a cambiare poi completamente strada, superando non pochi travagli interiori. La svolta, come racconta in questo saggio, scritto in prima persona, è stato il crollo del Rana Plaza. L’edificio di otto piani collassato il 24 aprile del 2013 a Dacca, in Bangladesh. Morirono 1138 persone, oltre 2.500 feriti, alcuni rimasero invalidi. Persone, la maggior parte giovani donne, costrette a cucire senza sosta per i brand occidentali.
Da “pentito della moda” Matteo Ward ha fondato WRÅD, un design studio che collabora con i grandi marchi per mettere in campo azioni di sostenibilità sociale e ambientale. Ward è anche membro fondatore di Fashion Revolution Italia, textile expert per il per il progetto New European Bauhaus presso la Commissione europea, docente universitario e divulgatore.
Conoscere e vedere per andare al nocciolo del problema e per cercare soluzioni. Una conoscenza amplificata dalla docuserie Junk-armadi pieni, coprodotta da Will Media e Sky Italia, di cui Matteo Ward è coautore e protagonista.
Così Fuorimoda! è uno strumento per conoscere; una volta saputo non si può fare altro che aprire gli occhi. E una volta aperti, non si può far finta di non nulla. Il cambiamento parte da qui, scrive Ward.
Fuori moda alle origini del problema
Con la prefazione di Sara Sozzani Maino, seguita da una conversazione con il maestro Michelangelo Pistoletto, autore della celebre Venere degli stracci, la lettura è scandita da una prima e una seconda parte. Nella prima parte esamina “I quattro pilastri dell’insostenibilità“, andando all’origine del problema e alla sua evoluzione.
La seconda parte, “Che cosa possiamo fare noi”, propone alcune possibili soluzioni per riavere un rapporto equilibrato con i nostri vestiti.
Ma quand’è che i nostri vestiti hanno iniziato ad essere fuori moda? Moltissimo tempo fa. Alla fine del 1600 Re Luigi XIV decise che la sua corte doveva rinnovare il guardaroba almeno due volte all’anno. Una strategia puramente economica per risollevare le casse francesi.
Così con il Re Sole nacquero le due stagioni primavera/estate e autunno/inverno. Oggi le collezioni sono arrivate a 52 all’anno. Andando avanti nella lettura capirai come ci siamo arrivati e i suoi effetti devastanti.
Insostenibilità della moda, cosa possiamo fare noi?
Gli strumenti non mancano e nel libro ne troverai diversi. Ad esempio si potrebbero mettere in pratica gli stessi consigli che darebbe un bravo nutrizionista. Così, Matteo Ward propone un Decalogo prendendo a modello le linee guida per una sana alimentazione pubblicate dal Ministero della salute.
Forse non ci hai mai pensato, ma i vestiti sono come il pane, vengono dalla terra e dalle stesse risorse, come l’acqua e l’energia.
Quello che ne esce è un decalogo per un sano rapporto con i vestiti. Ad esempio:
Occhio alla scadenza è un invito ad acquistare vestiti capaci di durare nel tempo.
Leggi l’etichetta: meno è meglio. In effetti, negli alimenti meno ingredienti ci sono e meglio è. Stessa cosa riguardo ai tessuti: meno fibre diverse ci sono e meglio è .
Insomma, 10 consigli che se messi in pratica, un po’ pere volta, possono davvero ristabilire un rapporto sano ed equilibrato con il nostro armadio.
Il libro si conclude con una conversazione con Giuliana Matarrese, esperta e giornalista di moda, e con una lettera ai designer di domani.
Alla fine di questo libro ti renderai conto che la moda, come il cibo, venendo dalla terra, è vita. Per questo, scrive Matteo Ward, non possiamo far sì che la vita diventi fuori moda.
Foto: Canva