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Moda, poliestere e fracking: svelato il legame

Da dove viene il poliestere? La mappa dell’intera filiera con 107 brand collegati al fracking del Texas.

Il poliestere è un prodotto dell’industria petrolchimica ed è una fibra sintetica ampiamente impiegata nel settore dell’abbigliamento. Ma da dove viene la materia prima? È possibile ricostruirne la filiera? I grandi marchi di moda, si sa, scarseggiano in trasparenza e tracciabilità, ma grazie a una indagine di Stand.earth Research Group (SRG)  ora sappiamo che oltre 100 marchi di moda internazionali sono collegati all’estrazione di gas e petrolio non convenzionale nel bacino del Permiano in Texas.

Non convenzionale perché l’estrazione avviene tramite fracking, una tecnica che estrae dalle rocce gas e petrolio attraverso la fratturazione idraulica.

La fratturazione delle rocce contenenti idrocarburi si verifica iniettando nei pozzi enormi quantità di acqua, sostanze chimiche e sabbia a pressione altissima.

Grazie al fracking dal 2009 gli Stati Uniti sono il più grande produttore di petrolio e gas naturale del mondo. Ed è questo, principalmente, il gas che importiamo a seguito delle sanzioni al gas russo dopo l’invasione dell’Ucraina. Divieto di importazione anche del petrolio russo che però è stato trovato nei nostri vestiti in poliestere.

Leggi anche: Nei vestiti in poliestere c’è il petrolio russo

Negli Stati Uniti risultano 1,7 milioni di pozzi a fratturazione idraulica con impatti su più fronti. A partire dalle emissioni di gas serra in fase di estrazione, l’inquinamento chimico delle acque sotterranee e quello dell’aria, possibili terremoti indotti. A questo si aggiungono i rischi per la salute di 12,6 milioni di persone.

Dal gas NGL al poliestere

L’etano, derivato dai liquidi di gas naturale fratturati, o “NGL”, è la materia prima per la produzione del poliestere. Gli Stati Uniti sono i più grandi esportatori di etano che viene utilizzato in tutto il mondo per realizzare innumerevoli prodotti di marca, tra cui calzature e articoli di moda. 

Le esportazioni di etano stanno crescendo a causa dell’aumento della domanda di plastica e resine, incluso il poliestere che troviamo nei nostri vestiti.

Il poliestere è la fibra più utilizzata in assoluto con una quota di mercato del 57%. Già oggi 2/3 di quello che indossiamo è fatto fibre sintetiche, sostanzialmente di plastica. Il loro impiego, con il poliestere in testa, è previsto in crescita con una quota di mercato del 73% al 2030.

Il poliestere è la fibra più utilizzata nell’abbigliamento. Oltre la metà di quello che indossiamo contiene poliestere.

Proprio perché derivate dai combustibili fossili, le fibre sintetiche non vanno d’accordo con la riduzione dei gas serra e con il processo di decarbonizzazione.

L’industria della moda è responsabile del 2-8% delle emissioni globali, di cui le materie prime rappresentano oltre il 20%. Senza contare che il poliestere è la fibra che emette più CO2.

Leggi anche: L’industria della moda è fossile e va a tutto gas serra

Eppure, i grandi brand non se ne stanno preoccupando, anzi sono collegati a metodi estrattivi vietati in diversi Paesi. Ad esempio in Europa il fracking è vietato in Germania, Francia, Paesi Bassi, Slovenia, Bulgaria e in Italia (risoluzione del 2014 della Commissione Ambiente Camera dei Deputati).

La mappa dei brand collegati al poliestere fracked

L’indagine di SRG è riuscita a tracciare la filiera del poliestere, dalle compagnie estrattive all’esportazione dell’etano, dalla  trasformazione in poliestere al prodotto finito e al brand.

L’indagine si basa sul materiale raccolto a fine 2023 e riguarda dati doganali, dati di esportazione/importazione, dichiarazioni aziendali, documenti di informativa dei fornitori e presentazioni agli investitori.

In totale ha riscontrato 107 collegamenti di brand internazionali con il fracking del Texas.

Leggi anche: I grandi marchi di moda aumentano l’uso di fibre sintetiche

La filiera e i collegamenti sono illustrati nella mappa Fracked Fashion consultabile sia per brand che per la compagnia madre (i nomi sono in ordine alfabetico, quindi il controllo è quasi immediato).

L’indagine di SRG rivela anche che solo 57 dei 107 marchi collegati al settore petrolchimico hanno politiche esplicite per eliminare gradualmente il poliestere vergine. Di questi, però, la stragrande maggioranza si concentra sull’aumento del poliestere riciclato dalle bottiglie di plastica, il che è una falsa soluzione in quanto contribuisce comunque a sostenere l’industria petrolifera e del gas senza, peraltro, risolvere il problema dell’inquinamento da microplastiche.

Leggi anche: 5 motivi per cui il poliestere riciclato non è una soluzione

Cosa devono fare i marchi e la politica

Ai marchi SRG raccomanda di impegnarsi seriamente nella riduzione delle fibre sintetiche e cessare l’acquisto di materia prima proveniente dal fracking. Si chiede maggiore tracciabilità e trasparenza nella filiera e di investire nel riciclo da fibra a fibra e non dalle bottiglie di plastica. In un sistema di economia circolare, le bottiglie di plastica vanno riciclate per fare nuove bottiglie.

Ai decisori politici, invece, quello di affrontare in maniera esaustiva il ciclo di vita dei materiali sintetici e di tassare i materiali plastici vergini.

Insomma, non si può fare il confronto tra il ciclo di vita di una fibra sintetica e una naturale se per quella sintetica non vengono considerati tutti gli aspetti di reperimento ed estrazione della materia prima. Quindi, nel caso del poliestere, e di altri materiali sintetici, occorre considerare: dove, come, in quali condizioni, con quali impatti viene estratto il petrolio, il gas o il carbone.

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