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Swap party: cos’è, chi lo organizza e come partecipare

A caccia di swap party per scambiare abbigliamento e oggetti usati. Al momento, le città più attive sono Milano e Roma. Ma c’è anche un’app per "swappare" tutto l’anno.

Il cambio di stagione è uno dei periodi più propizi per partecipare oppure organizzare uno swap party. Ma di cosa si tratta? Il termine è di derivazione anglosassone come pure la tradizione: “swap” significa scambio e “party” festa, in pratica è una festa del baratto, un mercatino per scambiarsi abbigliamento, accessori, oggettistica di seconda mano. Può essere organizzato tra amici e conoscenti, o strutturato come un vero e proprio evento aperto a più persone.

In questa mia piccola indagine ti racconterò chi organizza gli eventi swap a Milano e a Roma. Non perché in altre città non si facciano mercatini del baratto, ma in queste due città ho trovato le realtà al momento più attive. Comunque, sappi che c’è la possibilità di “swappare” tutto l’anno e da dove vuoi grazie a un’app (più avanti leggerai come).

Come leggerai, dietro a questi eventi, che costano tempo e fatica, c’è la passione e il volontariato di persone che nella vita fanno tutt’altro.

Organizzare swap party, però, può diventare anche una professione. Ma non voglio anticiparti troppo.

Indice

Swap party, dove nasce e come funziona

Lo swap party nasce negli Usa, in particolare a New York e si diffonde a partire dal 2000 un po’ ovunque arrivando anche in Italia. Lo scambio di vestiti si è sempre fatto; organizzato però in forma di evento, e con regole precise, è una novità di questo secolo che sta riscuotendo molto successo.

D’altra parte, lo swap party è un’ottima occasione per liberarsi di quello che non si usa più e avere in cambio qualcosa di “nuovo”, senza spendere un euro. Un esempio di economia circolare e un’occasione per risparmiare denaro proprio dove la moneta è bandita.

Infatti, gli scambi avvengono con una moneta fittizia, possono essere bottoni, gettoni, mollette e quant’altro. Cosa puoi scambiare e il numero dei pezzi dipende da chi lo organizza; ma se vuoi farlo tu, sarai tu a decidere le regole.

Se invece non vuoi pensare a nulla e partecipare a uno swap, allora devi informarti e intercettare chi lo organizza. A volte dovrai pagare un piccola quota di partecipazione, perché magari è previsto un buffet, un aperitivo, dei laboratori; oppure la quota va a sostegno di progetti di solidarietà, di tutela ambientale; o, semplicemente, serve per pagare l’affitto del locale. Inoltre, in alcuni casi è necessario prenotarsi e in altri no.

Comunque, la regola principale dello swap party è che lo scambio può avvenire solo con articoli in ottime o buone condizioni e puliti.

Oltre al baratto in se stesso, c’è un altro aspetto da considerare: questi appuntamenti sono anche un’occasione di convivialità, socialità, di scambio di idee oltre che di cose materiali. Ecco perché è una festa, un party.

Leggi anche: 5 cose da fare a costo zero (o quasi) per vestire sostenibile e circolare

Swap party a Milano e dintorni

Milano è una città molto attiva negli eventi swap. Ti parlo di due mercatini del baratto: Ciapa el Butun e Swap in the city Milano. Entrambi si tengono in divesi periodi dell’anno grazie alla volontà di ragazze appassionate di moda di seconda mano e del riuso.

Ciapa El Butun

Lo swap party Ciapa El Butun è organizzato da due milanesi doc, Debora e Giulia, da qui il nome dello swap che tradotto è “prendi il bottone”.

Da maggio ad oggi hanno organizzato 3 swap party: 2 a Pogliano Milanese e 1 a Parabiago. Ne arriveranno altri. «In generale, i nostri swap party non hanno una frequenza precisa – mi spiega Debora – «dipende dai nostri impegni. Ad ogni modo, mediamente li facciamo ogni due mesi». Visto che l’ultimo è stato il 30 settembre, la data del prossimo si avvicina.

In questo swap è possibile scambiare qualsiasi articolo purché in ottime condizioni. Esempio: abbigliamento, accessori, libri, vinili, giocattoli, cose per la casa. In genere i pezzi che si possono portare sono 10 in totale.

Ecco come funziona lo scambio: «Al nostro swap party non c’è una selezione sulla base del valore dell’oggetto portato, ogni articolo vale un bottone che è la nostra “moneta” simbolica. Quindi, ogni oggetto può essere scambiato con qualsiasi cosa, anche di categoria diversa. Per fare un esempio: un libro può essere scambiato con una maglietta».

Ciapa El Butun nasce per gioco, dalla passione di Debora e Giulia per i mercatini del baratto. «Io e Giulia siamo amiche ed è stata lei a introdurmi in questo mondo e in quello del volontariato. Insieme abbiamo iniziato a partecipare assiduamente a diversi mercatini solidali e del baratto. Così, un giorno abbiamo deciso di creare un mercatino tutto nostro».

Riguardo alla prenotazione e la quota di partecipazione non sono sempre necessarie: dipende dal luogo dove si svolge il baratto. Se lo swap party si svolge in un locale, sono richieste entrambe e si fa festa con l’aperitivo incluso.

Cosa succede se una persona non trova nulla? In questo caso può riprendersi la sua merce (se non è stata scelta da nessun altro); oppure gli viene rilasciata una tesserina con il saldo dei bottoni da utilizzare nei prossimi swap di Ciapa El Butun.

Può capitare che a fine swap ci siano delle rimanenze. Come vengono gestite? «Tutto ciò che rimane al mercatino – mi spiega Debora – lo teniamo e lo selezioniamo: una parte lo doniamo alle persone che ne hanno bisogno e una parte lo mettiamo nel nostro deposito e lo riproponiamo al prossimo baratto».

Swap in the city Milano

Swap in the city Milano nasce nel 2014 dall’idea di Roberta. Ad ispirarla la partecipazione a un evento swap a New York.  

«All’inizio – mi racconta – lo scambio di vestiti era un incontro tra amiche organizzato in casa. Piano piano questo appuntamento è cresciuto, e allora con una mia amica ci siamo dette: “Perché non lo allarghiamo ad altre persone?” Non è stato facile, ma poi con i social lo swap ha riscosso sempre più successo».

Roberta, che nella vita è una consulente legale, organizza gli swap da sola «con la mia amica ci dividevamo i compiti; poi lei ha lasciato questa iniziativa e io ho continuato. Non volevo abbandonare questo progetto». In genere ne organizza 6 all’anno ma: «Sto cercando di incrementare perché vedo che c’è tantissima domanda». Per il resto «non ci sono periodi particolari, dipende dalla disponibilità della location che prendo in affitto, quindi sono abbastanza casuali».

Per partecipare al baratto è necessaria la prenotazione. «Ho circa 1.500 iscritte alla newsletter, ma agli eventi partecipano in 30/40 persone. Purtroppo, i locali che affitto hanno spazi limitati per ospitarne di più. È per questo che chiedo la prenotazione obbligatoria per evitare sovraffollamenti. Per organizzare uno swap ci vogliono spazi fruibili: un open space, delle sedie, la possibilità di far provare i capi. Non è semplice organizzare uno swap party, perché ci sono più di 500 articoli esposti e c’è bisogno di uno spazio adeguato».

Il consiglio è iscriversi alla newsletter in modo da sapere in anteprima le date e prenotarsi: i posti finiscono in breve tempo.

Oltre alla prenotazione è necessaria la quota di partecipazione che è di 15 euro a persona: include lo swap party e un drink di benvenuto. Una quota necessaria, soprattutto, per pagare l’affitto del locale.

Ma ecco alcuni dettagli su Swap in the city Milano. Allora, ogni partecipante può portare da 1 a 10 articoli tra abbigliamento e accessori donna. Roberta li seleziona, controlla le condizioni: che non siano sporchi, troppo rovinati o difettati. La moneta nel suo swap sono dei gettoni che si dividono in 3 categorie: cheap, medium ed expensive. Queste categorie corrispondono al valore dell’articolo per cui, ad esempio: una maglietta di H&M sarà cheap, un vestitino di Guess sarà medium e un cappotto di Armani expensive.

Dopodiché, con i gettoni si può scegliere un capo all’interno della categoria, si può scendere di categoria, ma non viceversa. «Alla fine dell’evento al momento del check out, la partecipante mi consegna i gettoni e i vestiti che ha scelto. Se non ha usato tutti i gettoni, rilascio un voucher con il numero di gettoni non usati della validità di 6 mesi da utilizzare nei prossimi swap. Tengo conto delle pause estive perché di solito a luglio e agosto non faccio eventi».

Tra le cose da non portare indicate nel regolamento ci sono i jeans e i pantaloni bianchi, perché? «I pantaloni bianchi – mi spiega – non vengono scelti e la maggior parte delle volte non sono in buone condizioni: possono essere macchiati o comunque rovinati. Il jeans, invece, per una questione pratica. I pantaloni sono molto pesanti e occupano molto spazio nelle buste: quando riportavo a casa i jeans avanzati, perché no venivano scelti, avevo buste intere e pesanti che ogni volta dovevo riportare al prossimo swap. Sono ammessi però pantaloncini, gonne camicie, insomma pezzi in denim più piccoli».

«Ad ogni modo, una volta all’anno – prosegue Roberta – quello che rimane dagli swap lo dono, di solito a Humana Vintage o ad associazioni che mi contattano. Per il resto cerco di riciclare tutto e di riportarlo al prossimo swap».

Roberta è disponibile anche a ricevere delle donazioni. «Tra le partecipanti, può esserci la necessità di doversi liberare di molti capi, per un cambio armadio o per un trasloco. In questi casi, mi contattano, vado da loro, seleziono i vestiti che poi porto allo swap party. In questo caso, li donano senza ricevere gettoni in cambio».

Chiedo a Roberta chi sono le partecipanti ai suoi swap party. «Sono donne di tutte le età, diciamo dai 20 ai 60 anni. È molto bello perché a volte vengono le mamme con le figlie, le colleghe, le amiche, le sorelle. È un evento intergenerazionale in cui gli stili si mischiano».  

Swap in the city Milano è un evento ormai più che rodato: «Ci vuole passione, io ci credo. Spero un giorno di diventare più grande e di organizzare un evento con sempre più persone».

Una passione che nasce sin da bambina: «Sono cresciuta indossando vestiti di seconda mano delle mie cuginette, di mia sorella. Quindi per me indossare un vestito usato è normale. Per cui quando sono cresciuta ho iniziato a frequentare i mercatini dell’usato e mi piaceva; come pure trovare un articolo particolare che non c’era nei negozi. E poi, l’aspetto più importante è la «cultura del riuso e del riciclo».

In questi anni Roberta ha notato un cambiamento verso l’abbigliamento usato, ecco cosa dice: «Considera che 10 anni fa non si parlava di economia circolare o comunque se ne parlava molto poco. In più, le persone erano un po’ dubbiose nell’indossare abiti e accessori usati. Negli ultimi due o tre anni c’è una maggiore apertura mentale. Infatti, c’è un boom di richieste».

Swap party a Roma e dintorni: Nei Tuoi Panni

Lo swap party Nei Tuoi Panni nasce dall’idea di Claudia Esposito, insegnante di yoga e presidente di Tao, associazione culturale di Nettuno, impegnata in progetti di crescita personale e comunitaria.

«Il progetto Nei Tuoi Panni è nato nel 2018 un po’ per caso. Una mia amica aveva un armadio enorme e doveva liberarsi di un bel po’ di vestiti. Così, mi è venuta l’idea di fare un aperitivo tra amiche; ho preparato una locandina da far girare su whatsapp e lo abbiamo organizzato nella sede della mia associazione».

Da questa prima esperienza è nato Nei Tuoi Panni un progetto organizzato in collaborazione con Inspire, associazione attiva nella diffusione della cultura zero waste e di pratiche sostenibili. L’obiettivo è sensibilizzare le persone verso la cultura del riuso; una presa di coscienza degli impatti della fast fashion, della necessità di una moda più lenta, dei pericoli del greenwashing.

Non solo, questo swap sostiene il progetto Refresh, un percorso formativo ideato da Inspire per portare nelle scuole di ogni grado le pratiche Zero Waste, l’autoproduzione, l’orticoltura e il vivere consapevole. Per questo, per partecipare allo swap è richiesta una piccola quota a sostegno del progetto.

Ecco come funziona lo swap Nei Tuoi Panni: «Abbiamo creato una sorta di gioco dando dei valori diversi ai vari articoli che selezioniamo sulla base del loro potenziale riutilizzo, al loro stato di usura, al materiale di cui sono fatti. Le mollette sono la nostra moneta di scambio e il colore corrisponde al valore che è stato dato al capo. Il bianco per un capo che vale uno, il verde ne vale due e il blu ha un valore di tre capi. Ai vestiti selezionati vengo messe delle etichette con lo stesso colore delle mollette».

Dopodiché, si entra nello swap già allestito con l’abbigliamento di base (uno stock con capi di baratti precedenti) e rimpolpato con gli articoli portati dai nuovi partecipanti. Una volta dentro, si gira tra i vari stand e si sceglie in base al valore delle mollette. «Il concetto – spiega Claudia –  non è quello di prendere il più possibile, ma quello che serve veramente. All’interno dello swap inseriamo delle grafiche e dei messaggi che invitano a riflettere: mi serve veramente, ne ho davvero bisogno, da dove viene? Quanto lo riutilizzerò? Il messaggio non è “vieni e prendi il più possibile”, ma rifletti sulle tue scelte».

Se alla fine non si sono “spese” tutte le mollette, viene rilasciato un buono per utilizzare la molletta con il valore più alto al successivo swap.

A proposito, quando ci sarà il prossimo swap party? L’appuntamento è il 27 ottobre alla Città dell’Altra Economia a Roma. Non è richiesta la prenotazione.

Nei Tuoi Panni è accompagnato anche da laboratori per imparare a lasciare andare: «Le persone interagiscono con gli oggetti che portano per riuscire a distaccarsi emotivamente da essi per dargli una seconda vita. Quindi, ci sono anche momenti di emozione che creano un tessuto di relazione tra le persone, oltre che di scambio di vestiti. Ecco perché “nei tuoi panni”, uno swap party come occasione di incontro con l’altro».

Non a caso il simbolo dello swap è una stampella con delle frecce che girano all’interno di un cerchio. «Il cerchio è la circolarità, il riuso, il riutilizzo; abbiamo abbastanza per tutti e se scambiamo si rinnova questa energia. Il cerchio è parità, è mettersi tutti sullo stesso piano, guardarsi in faccia e collaborare».

Nello swap Nei Tuoi Panni puoi trovare indumenti per donna, uomo e bambino. Si possono portare fino a 10 pezzi tra abbigliamento, scarpe, cappelli, sciarpe, guanti, borse e altri accessori.

Riguardo alla periodicità: «Cerchiamo di organizzarli nelle quattro stagioni, quindi dare la possibilità ogni 3 mesi di avere uno swap. A settembre ne abbiamo fatti 4». Gli swap si tengono a Roma o nei dintorni.

Chiedo a Claudia come le persone si rapportano allo swap e se qualcosa è cambiato. «Da subito è stata una iniziativa che ha illuminato le persone. Abbiamo iniziato a Nettuno, in una piccola cittadina, e abbiamo constatato tanta positività. Lo swap è anche un supporto economico per le famiglie oltre che un occasione di incontro e di divertimento. Ad ogni modo, la modalità è cambiata; forse all’inizio c’era più l’idea di prendere il più possibile, con il tempo abbiamo visto che le persone iniziano a selezionare meglio per evitare l’effetto boomerang: mi libero di 10 abiti e ritorno con 30. Non va bene. Non ho fatto un’opera di decluttering ma di rimpolpamento. Oggi c’è maggiore consapevolezza».

Swapush, mercatini del baratto fisici e online con l’app

Mettere in circolazione quello che non si usa più è l’obiettivo principale dello swap party. Certo, «c’è il tema del prendere, ma per me quello che conta di più è il dare: svuotare e liberare è fondamentale. Infatti, da questo punto di vista gli swap party funzionano benissimo», mi dice Serena Luglio, ideatrice di swapush.

«I mercatini del baratto sono la cosa più vecchia del mondo. Io ho iniziato a fare swap party in casa nel 2000. Poi i partecipanti sono aumentati sempre di più; quindi, siamo passati alle sale degli alberghi: insomma, a dimensioni molto diverse». Successivamente, «ho avuto l’idea di trasferire il baratto sul digitale: nel 2015 è nata la società Swapush srl, con sede a Milano, mentre l’app ha debuttato nel 2020».

Per capire come funziona, ho scaricato l’app swapush che è disponibile sia per Android che iOS. Una volta scaricata e creato il profilo, ti vengono accreditate 10 pillole in omaggio, ovvero la moneta virtuale di scambio. Ogni pillola ha un valore indicativo di 1 euro. Dopodiché, non rimane che caricare nella categoria corrispondente quello che vuoi scambiare, scrivere una breve descrizione e assegnargli il valore in pillole. Il funzionamento è davvero molto semplice.

Sull’applicazione ci sono articoli vari: abbigliamento, scarpe accessori, oggetti per la casa, giocattoli e tanto altro. «Tutti gli oggetti per noi hanno pari dignità, l’obiettivo principale è evitare che finiscano in discarica». È possibile trovare di tutto, anche materiali utili per fare lavoretti a scuola. «Abbiamo insegnanti che utilizzano l’app per chiedere il materiale che gli serve. È successo, ad esempio, per i tappi di plastica».

Con l’app si può “swappare” tutto l’anno. Se c’è qualcosa che ti piace puoi scambiarlo offrendo un tuo prodotto oppure “pagarlo” con le pillole. Se non sono sufficienti, hai fretta e di quell’articolo ne hai proprio bisogno, puoi acquistare le pillole dall’app con carta di credito.

Oltre agli scambi quotidiani tra gli utenti «la cosa più bella dell’app è la possibilità di organizzare gli eventi swap online e parteciparvi direttamente da casa», mi racconta Serena. Una volta comunicato il giorno e l’orario dello swap, gli utenti hanno circa una settimana per caricare i loro prodotti e darli un valore in pillole. Il giorno dell’evento c’è un contatore che dà il via allo swap, funziona così: «La prima ora è a “prezzo pieno”, la seconda è ridotto e la terza è tutto gratis. Devo dire che va via quasi il 100% delle cose».

Il team di swapush è composto da 5 persone; non c’è solo l’online, ma anche gli swap party fisici «andiamo in tutta Italia, dipende da dove ci chiamano», dice Serena. E sì, perché gli swap party sono molto richiesti dalle aziende e dalle multinazionali per i loro bilanci di sostenibilità. A volte si tratta di swap interni per i propri dipendenti, in altre occasioni, invece, sono aperti al pubblico. Vengono richiesti anche in occasione di grandi eventi. «Elisa ci ha chiesto di organizzare swap party per una buona parte dei suoi concerti».

Per tornare all’app, c’è un’altra semplice idea per limitare l’impatto ambientale delle consegne. Infatti, è possibile fare spedizioni collettive, il che riduce anche i costi.

«Di solito – spiega – chi spedisce ha più pacchi da inviare a destinatari diversi: in questi casi può mandarli direttamente al nostro magazzino di Milano e noi li smistiamo. È tutto casereccio, non siamo Amazon, ma funziona».

Ad oggi swapush ha totalizzato 70mila scambi. Niente male.

Foto di Arina Krasnikova

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