Hai mai sentito parlare di poliestere riciclato da bottiglie di PET (acronimo di polietilentereftalato) per fare nuovi tessuti? Non è una novità. Pensa che il primo marchio che ha prodotto con tessuti sintetici di questo tipo è stato Patagonia nel 1993.
D’altra parte, perché estrarre nuovo petrolio o gas per produrre filati sintetici quando, in alternativa, si possono riciclare le bottiglie in PET delle bevande già prodotte e utilizzate?
L’idea apparentemente non è malvagia. Anzi. Meglio il poliestere riciclato piuttosto che quello vergine. In più, l’industria della moda è sempre più dipendente dai tessuti sintetici tanto che oggi rappresentano due terzi (69%) di tutti i materiali utilizzati nella produzione tessile. A fare la parte del leone è proprio il poliestere che già oggi ha una quota superiore del 50% su tutti i tessuti.
Insomma, le fibre sintetiche, con in testa il poliestere, hanno avuto e stanno avendo sempre più successo nell’industria della moda. A scapito di quelle naturali, come cotone, lino o lana.
Ormai, è difficile trovare una t-shirt 100% cotone, spesso si trova miscelato con una percentuale di elastan o la lana mischiata con l’acrilico.
Perché tanta abbondanza di fibre derivate da combustibili fossili?
Il motivo è semplice, i costi di produzione delle fibre sintetiche, rispetto a quelle naturali, sono più bassi. Così, il modello fast fashion, produrre tanto a prezzi bassi per invogliare all’acquisto continuo, sin dal 2000 ha iniziato a farne ampio uso. Nel frattempo, la produzione e il consumo della “moda veloce” è salito vertiginosamente come pure quello dei tessuti sintetici.
Considerato che siamo in piena crisi climatica causata dalle emissioni di CO2 (anidride carbonica) dovuta allo sfruttamento dei combustibili fossili, la moda è chiamata a ridurre le sue emissioni climatiche anche rispetto all’impiego dei tessuti fossili.
Secondo un recente Rapporto Synthetics Anonymous Fashion brands’ addiction to fossil fuels di Changing Markets Foundation e City to Sea, il poliestere riciclato, realizzato con bottiglie in PET, è il modo principale con cui i marchi stanno pianificando di frenare l’impatto della moda fossile e abbracciare i materiali sintetici più “sostenibili”. «Peccato – è scritto – che questa sia una falsa soluzione all’odierno problema dell’inquinamento da plastica e dei rifiuti».
5 motivi per cui il poliestere riciclato non è una soluzione all’inquinamento e ai rifiuti
Ecco, in sintesi, la spiegazione in 5 punti di Synthetics Anonymous:
- Una volta trasformata in abbigliamento la plastica non può essere ulteriormente riciclata. Ciò significa che i vestiti sono destinati all’incenerimento o alla discarica;
- Trasformare le bottiglie di plastica in vestiti le rimuove dai circuiti di riciclaggio circolari dove possono essere trasformate nuovamente in bottiglie. Le bottiglie di plastica possono essere riciclate più volte, riducendo la quantità di plastica vergine necessaria;
- La plastica riciclata che entra nei tessuti sintetici non fa nulla per aiutare a fermare il problema più ampio delle microplastiche. Miliardi di minuscole particelle di plastica che si liberano dai vestiti durante la produzione, l’uso e il lavaggio finiscono ancora per inquinare l’oceano e la nostra salute;
- L’uso simbolico dei marchi di materiali sintetici riciclati è solo una goccia, in un oceano molto inquinato, rispetto alla dipendenza dell’industria della moda dalla plastica vergine;
- Fare moda con bottiglie di plastica è solo un’altra tattica di greenwashing dei marchi per incoraggiare le persone a comprare di più senza averne bisogno. Questo non possiamo più permettercelo.
Insomma, le fibre sintetiche sono un problema benché derivate da plastica riciclata.
Filati di origine sintetica: poliestere, elastan, nylon (poliammide), acrilico, neoprene.
La produzione di fibre di poliestere vergine e riciclato
Nel 2020, come riporta Textile Exchange, la produzione di poliestere per il settore tessile è stata di 57 milioni di tonnellate. La produzione di fibre da PET riciclato si è attestata al 15% ovvero pari a 8,4 milioni di tonnellate.
Il 99% del poliestere riciclato proviene dalle bottiglie di PET, la restante minima parte, invece, da plastica recuperata negli oceani o dagli scarti di tessuto.
Visto che la domanda di bottiglie di PET da riciclare per farne dei tessuti è in aumento, quello che sta avvenendo è una crescente competizione nel settore industriale degli imballaggi e del tessile. Il percorso più logico, in ottica di economia circolare è, invece, quello di riciclare da bottiglia a bottiglia e non da bottiglia a fibra.
Il rischio è un aumento di produzione di PET per accontentare sia l’industria delle bevande che quella del tessile.
Tanto più che l’industria della moda non intende fare nessun passo indietro. Secondo l’analisi Synthetics Anonymous su 46 marchi leader mondiali della moda interpellati, nessuno ha l’obiettivo di passare ai soli sintetici riciclati da fibra a fibra. Inoltre, gli investimenti verso questa soluzione sono ancora limitati e lenti.
Piuttosto, si fa leva sul fatto che il poliestere riciclato richiede il 59% di energia in meno su quello vergine e, di conseguenza, si riducono le emissioni di gas serra. Queste cifre, però, non tengono conto degli impatti della produzione della sua materia prima: le bottiglie di plastica.
Il riciclo da PET a fibra può richiedere poliestere vergine
Il metodo per trasformare le bottiglie di PET in poliestere – è spiegato nel Rapporto – è problematico per diverse ragioni.
Innanzitutto, le bottiglie di PET possono essere già riciclate per un certo numero di volte. Quindi, poiché il riciclaggio meccanico fa perdere forza alla fibra, non è garantito che i vestiti in PET riciclato siano infinitamente riciclabili. Inoltre, possono durare meno se utilizzati più volte. Per questo motivo, la fibra PET riciclata richiede la miscelazione con il sintetico vergine per ottenere le prestazioni richieste.
A questo punto, la domanda sorge spontanea: perché l’industria della moda utilizza le bottiglie di PET invece dei milioni di tonnellate di rifiuti tessili che finiscono in discarica? Perché il riciclaggio da tessuto a tessuto è ancora agli inizi, tanto che rappresenta appena l’1%.
Mentre il riciclaggio dei monomateriali è già debole, l’abbigliamento è spesso realizzato con tessuti misti, il che rende complicato e costoso separare e riciclare le fibre. Per esempio, per l’elastan – un’aggiunta comune all’abbigliamento di oggi, come i jeans – attualmente non sono disponibili metodi di riciclaggio. Di conseguenza, l’elastan è un ostacolo al riciclaggio dei vestiti.
Inoltre, il poliestere riciclato non limita lo spargimento di microplastiche, il che significa che miliardi di particelle di plastica continuano ad inquinare l’ecosistema marino, l’aria che respiriamo e la nostra catena alimentare.
La soluzione? L’unico modo per abbattere la crescente crisi dei rifiuti e dell’inquinamento da plastica è, in primo luogo, ridurre la sovrapproduzione di abbigliamento.
Poliestere e rilascio di microplastiche
Non ci sono dubbi: che sia ricavato dal riciclo di bottiglie in PET, di altro materiale, oppure poliestere vergine, rimane sempre il problema del rilascio delle microplastiche, particelle di dimensione tra un milionesimo di metro (1 micron) e 5 millimetri.
L’inquinamento da microplastiche è una emergenza globale. Ogni volta che si fabbricano, si indossano, si lavano o si smaltiscono indumenti sintetici, si rilasciano microplastiche. Ormai, le microplastiche sono state trovate anche nei ghiacciai artici.
L’impatto delle microplastiche sull’ecosistema marino «è ancora oggetto di ricerca a uno stadio iniziale», spiega Maurizio Azzaro, responsabile della sede Cnr-Isp di Messina. «È comunque confermato da diversi studi scientifici il passaggio nella rete alimentare delle microplastiche, ritenute una delle sei emergenze mondiali dell’ambiente, con forti ripercussioni sulla salute umana».
Ma da dove provengono le microplastiche sversate in mare? «Basti considerare – chiarisce Azzaro – che ogni volta che laviamo un pile o qualunque indumento contenente fibre sintetiche, queste vengono veicolate dagli scarichi nell’ambiente marino. Questa azione, che a noi risulta naturale, provoca enormi danni all’ambiente, ancor più se in ambienti estremi dove sono ubicate le basi scientifiche polari».
Su 1,4 milioni di miliardi di microfibre che inquinano gli oceani il 35% proviene dal lavaggio di capi sintetici, specie se di bassa qualità (Fonte:IUCN).
Le microplastiche si trovano sia negli ambienti esterni che interni. Infatti, circa un terzo (33%) delle fibre negli ambienti interni sono fibre plastiche. E’ stato stimato che respiriamo almeno tra le 13.000-68.000 microfibre di plastica dai nostri vestiti, tappeti, tende e altri tessuti ogni anno.
Sono state scoperte microplastiche nel tessuto polmonare umano, nelle feci, nello stomaco e persino nella placenta (per approfondire: Plasticenta: First evidence of microplastics in human).
Vestirsi plastic-free, è possibile? In realtà, non è proprio semplice
Mettiamo il caso di indossare 100% fibre naturali, potremmo dover fare i conti con la cerniera o i bottoni o l’etichetta in plastica. Non serve essere proprio integralisti, ma scegliere in maniera più oculata.
5 consigli per evitare l’eccesso di fibre sintetiche nel tuo armadio:
- Il consiglio numero uno è sempre lo stesso: prima di qualsiasi acquisto chiediti sempre se ne hai davvero bisogno;
- Prediligi le fibre naturali ed evita di acquistare abbigliamento con alte percentuali di fibre sintetiche e che sai di dover lavare con frequenza;
- Riduci i lavaggi: mettere nel cesto dei panni sporchi quello che invece è pulito non è una buona idea;
- Lava a basse temperature, così rilascerai meno microplastiche e manterrai i colori;
- Puoi anche ricorrere a filtri specifici (leggi: filtri e lavatrici cattura microplastiche per ridurre l’inquinamento) che trattengono le particelle di fibre sintetiche prima che raggiungano il tubo di scarico.
I tessuti sintetici, in realtà, dovrebbero essere riservati a indumenti specifici, come giacche a vento, impermeabili, piumini, abbigliamento tecnico sportivo. Insomma, quando è proprio necessario.
Invece, ormai, le fibre sintetiche sono onnipresenti anche nella biancheria intima. A me pare una follia.
Aggiornato il 30/1/2023
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